Dopo secoli di oblio e di omertà, da qualche tempo si è ripreso a parlare dei Templari. Ma chi erano e perché ora c’è tanto interesse verso questi cavalieri, la cui esistenza e, soprattutto, la cui fine ha fatto versare fiumi d’inchiostro pro e contro? I Cavalieri del Tempio, detti anche templari, hanno rappresentato una pietra miliare nella storia delle Crociate, dando vita a quella strana commistione di soldato-monaco, inesistente prima di loro e ripetutamente imitata nei secoli successivi. I Templari nacquero appena dopo la Prima Crociata, su idea di un cavaliere francese che organizzò intorno a sé un gruppo di cavalieri i quali, pur professando i voti religiosi, continuarono ad impugnare la spada per difendere i pellegrini che si recavano a visitare i Luoghi Santi, da pochi anni sottratti agli infedeli. Inizialmente fu una modesta compagine che, con l’andare del tempo, iniziò a raccogliere numerosi altri combattenti. Con l’aiuto di San Bernardo e del suo fondatore, Ugo de Payns, il gruppo di cavalieri riuscì a farsi riconoscere ufficialmente dalla Chiesa come Ordine religioso regolare. E’ questo il lato originale degli appena nati Templari: l’unione, nella stessa persona, dell’uomo d’arme, avvezzo al maneggio della spada, al religioso, più pratico di preghiere e salmi. Naturalmente si dovette trovare la giustificazione al fatto che un uomo di Chiesa potesse uccidere, quando gli insegnamenti cristiani impedivano di spargere il sangue altrui. Alla fine si arrivò al compromesso, grazie al quale un religioso era autorizzato a combattere purchè lo facesse contro gli infedeli e per la causa superiore della difesa del Cristianesimo. I Templari divennero così il braccio armato della Chiesa in Terrasanta, nella Spagna invasa dai Mori, e dovunque fosse necessario il loro intervento a difesa dei più deboli.
Dopo due secoli di splendore militare, i Templari, conseguentemente ai Regni Franchi d’Oltremare, iniziarono la parabola discendente fino alla loro soppressione per volere di Clemente V, su istigazione del re di Francia, Filippo IV il Bello. Prima di essere sciolto con l’accusa di eresia, l’Ordine ed i suoi appartenenti furono sottoposti ad una serie di processi-farsa, durante i quali i Templari furono imprigionati e torturati e molti bruciati sul rogo, come l’ultimo maestro Jacques de Molay. Dopo la loro scomparsa iniziarono a fiorire, specialmente nel XVIII secolo, leggende sull’esistenza di un Ordine segreto che avrebbe continuato a vivere nell’ombra dando vita a logge massoniche di vario rito. Nell’immaginario collettivo, invece, a causa delle accuse di eresia, di magia e di riti blasfemi, il Templare rimase sempre associato alla figura dello stregone medievale che, pur di arrivare alla ricchezza, è disposto a vendere la sua anima al diavolo. Ed infatti molti scrittori, sia contemporanei che posteriori, dettero la colpa della perdita della Terrasanta cristiana ai Templari, accusandoli di aver avuto connivenze con gli arabi. Tutto l’alone di mistero che si è creato (o è stato creato) intorno a questi cavalieri ha avuto un unico risultato: quello di coprire la verità, accusando ingiustamente di colpe ignobili uomini che avevano dato la loro vita per un ideale: la difesa della Terrasanta. L'unico errore commesso dai Templari era stato quello di compenetrarsi a tal punto con questo ideale che, una volta perduta la Terrasanta, erano divenuti inutili e pericolosi. Andavano, perciò, distrutti.
La storia dell'Ospedale appartenuto all'ordine "STRADA DE HOSPITALI CRUCIS BRANDELIANE UNDE VENIUNT CAFAGNINI…" L'intero primo millennio scorre avvolto da una fitta cortina di nebbia: non filtra alcuna notizia, sebbene sia facile presumere che la calata dei barbari fatta di continue scorrerie non sia stata indolore neppure nelle nostre zone. Arriviamo così nell'anno 1000. I documenti riguardanti l'epoca ci mostrano un'amanità in perenne fermento, un'umanità che si sposta e viaggia con un flusso incessante e continuo: è il periodo dei pellegrinaggi e delle crociate. Con i primi scambi commerciali interregionali, determiati dal progressivo espandersi delle colture delle campagne e dall'allargamento di tutte le attività in genere, vengono gettate le basi del futuro assetto economico. Da ciò nasce l'esigenza di garantire, soprattutto nelle zone non abitate, la percorribilità e la sicurezza delle strade. Sorgono così, con lo scopo di fornire validi centri di assistenza, di ricovero e di controllo, monasteri, abazie e spedali. Può risultare difficile per noi abituati ad una visuale settorializzata immaginare quante e quali fossero le peculiarità e le attività di uno spedale. Era una micro struttura autosufficiente, una strana, complessa fusione di componenti sociali, spirituali e materiali regolamentate da norme ben precise. Dopo questa premessa, necessaria per capire a fondo i motivi del sorgere ed il funzionamento di tali strutture, veniamo ai fatti che ci riguardano. Sono notizie scarse ma significative, tanto da farci comprendere che in quell'epoca Prunetta, o meglio il luogo ove essa sorgerà in futuro, risultava un passo appenninico di notevole importanza. Qui tra la valle del Vincio di Brandeglio e la valle della Liesina, vero crocevia della zona, fu eretto uno spedale. Di sicuro, oltre al nome, "hospitale crucis brandeliane" (derivante dal luogo ove sorse) sappiamo che fu fondato per volere dei conti Guidi, possessori di molti beni e palazzi a Pistoia e nel contado, che in quel periodo signoreggiavano su Piteglio. Fu posto di tappa indispensabile sulla via che da Pistoia si dirigeva verso la Garfagnana (strata unde veniunt carfagnini) ma soprattutto rappresentò uno sbocco viario di importanza interregionale: resse infatti con la pieve di Lizzano (già menzionata in un diploma di Ottone III del 25 febbraio 998) l'itinerario cronologicamente più antico (pare fosse già conosciuto in epoca longobarda) di cui abbiamo notizia, che congiungeva le cittò di Pistoia e di Modena attraverso La Lima . Rappresentò per i mercanti pistoiesi, ormai presenti sui mercati talvolta in competizione con quelli fiorentini, l'opportunità di poter dare una risposta ad accresciute, mutate esigenze, usufruendo di una rete viaria transappenninica sicura ed efficiente, (per quanto lo consentivano le condizioni logistiche ed epocali) avendo accesso con vie più brevi (favorite dalle caratteristiche montuose e dalla rete idrica) a zne della pianura Padana di grande interesse commerciale, soprattutto la Lombardia. L'antico itinerario Pistoia-Modena su cui si innestava l'hospitale crucis brandeliane segue, rapportandolo alle attuali località, il seguente tracciato: da Pistoia superava in pianura il torrente Ombrone e aveva poi, in parte, un andamento analogo all'odierna s.s. 66 senza toccare la sommità del valico di Le Piastre. Da Prunetta la via scendeva a Piteglio e, aggirando il monte delle Lari, proseguiva ad est della borgata Lolle per Migliorini; superato il Rio Pagano, raggiungeva S. Marcello e si immetteva per Lizzano Pistoiese. Oppure con un percorso più breve ma più impervio, da Prunetta proseguiva sul crinale fino al culmine del monte Le Lari, per scendere nella valle del Limestre. Tornando allo spedale non abbimo notizie certe sulla sua origine, le prime documentazioni risalgono al secolo XI. Nel marzo 1085 un tale "Rolandii de hospitali de cruce brandeliane…" fu testimone di due atti di livello della canonica di San Zeno. Successivamente nel gennaio 1090 il papa Urbano II in un "privilegium" lo riconosce come dipendente dalla canonica di S. Zeno ricordando e lodando, nel medesimo atto, i canonici che per spirito di carià e per le necessità dei pellegrini avevano costruito ospizi dei quali fa un minuzioso elenco e fra i quali figura anche il nostro. Scarse e frammentarie sono nel corso dei secoli le notizie riguardanti lo spedale della croce brandelliana. Lo troviamo menzionate negli statuti della città di Pistoia nel 1107 e ancora nel 1125 per questioni di ordine pratico, mentre nel 1182 , sempre negli statuti, citato con i terreni annessi ed il mulino, ne viene dichiarata l'immunità. Nel 1185, Lucio III sulla scorta dei precedenti privilegi papali ne conferma il diretto controllo dei canonici . In seguito, sottratti ai vescovi quei diritti in materia fiscale ed amministrativa sanciti e garantiti da una serie di bolle papali, in cui nella forma l'una ricalcava l'altra, con l'affermarsi del potere podestarile, ritroviamo lo spedale elencato nel 1296 sotto la giurisdizione del comune di Pistoia. Il podestà assumendo l'incarico di difenderlo, lo annovera nell'elenco delle strade più importanti che dovevano essere sorvegliate, per almeno tre giorni, prima della festa di S. Bartolomeo riconoscendogli così una significativa importanza, non solo come fondazione religiosa ma anche come impegno civico. Non sappiamo invece in quale periodo lo spedale passò sotto l'appartenenza dell'ordine dei templari, già possessori della mansione e della chiesa di S. Giovanni a Pistoia, di cui seguì le sfortunate vicende. Viene ipotizzata in questo lasso di tempo la costruzione della cappella e del convento, sebbene nulla si sappia esattamente riguardo alla sua consistenza edilizia. Con ogni probabilità, seguendo l'esempio delle costruzioni ospedaliere dell'epoca, era costituito da un unico, grande ambiente con caratteristiche architettoniche analoghe agli edifici religiosi cui era collegato. Lo scadimento e la conseguente rovina dello spedale della croce brandelliana sono sicuramente da collegare alla caduta in disgrazia e poi allo scioglimento definitivo dell'ordine dei templari , ma bisogna anche cosiderare che la sua storia è sempre stata strettamente connessa alla storia della viabilità. Sebbene lìassetto viario non subisce sostanziali variazioni nel periodo comunale, tuttavia vennero apportaate modifiche per rendere ancora più agibili e brevi gli itinerari esistenti. Mentre sul versante appenninico di confine con Bologna nel 1219 cessarono le ostilità tra pistoiesi e bolognesi rendendo libero il passo appenninico attraverso la via Francesca della Sambuca, per quello che riguarda il nostro versante, apprendiamo che venne redatto un documento datato 24 novembre 1225, firmato da rappresentanti delle città di Pistoia e Modena nello spedale di S. Jacopo in Lamola per cui.. "… Si decideva di concludere o restaurare l'apertura di una strada che conducesse da Pistoia a Modena passando per Lizzano e di là entrando nel modenese per Frignano sulla schiena dell'Appennino e per altri luoghi per le quali ad ambe le parti piacesse meglio tracciarla, con l'obbligo che tale strada fosse fatta sicura per comodo dei mercanti…". Le notizie riguardanti lo spedale della croce brandelliana si fanno ancora più confuse e rarefatte, ma ciò non sorprende se si considera lo storico isolamento della montagna. Lo troviamo solo negli elenchi della decima del 1296 . Nel 1312 il nostro edificio con la mansione dei templari di Pistoia, passò all'ordine dei cavalieri di Malta il cui ultimo Gran Priore fu uno dei principi Corsini di Firenze. Dall'archivio della stessa illustre famiglia risulta che nel XV secolo lo spedale era già da tempo abbandonato, tanto che in un contratto d'affitto del 1484 si parla di "… una chiesa con spedale diruto posto in un luogo appellato Prunetta…". Il rettore e custode dello spedale, il quale aveva ormai assolto il suo compito da tempo, perché l'edificio rimaneva chiuso, allivellò ad un certo Duccio de' Cecchi la vastissima tenuta con selve, praterie e boscaglie interminabili: territorio che si calcolava di 300 staia a seme precisa il Mazzanti che a più riprese si è occupato delle vicende del paese. Tra i patti si imponeva al livellare l'obbligo di costruirsi una casa. E' a questo punto che la storia dello spedale si salda con quella di Prunetta a cui dà vita con le sue stesse pietre. Alcune case del paese, le più vecchie, recano ancora oggi stemmi e fregi incisi sui sassi a testimoniare la loro appartenenza allo spedale come un marchio d'origine. Qui finisce la storia e si innesta la leggenda, anzi le leggende. Una di esse narra che lo spedale semi diruto servì da rifugio per briganti, che, compiendo scorrerie in abito talare, vennero confusi dai montanari per gli ultimi frati rimasti, il fatto valse al luogo il nome di "Conventaccio". L'altra leggenda, ancora più atroce e tremenda, viene tuttora narrata e tramandata oralmente. Poiché, come tutte le leggende, ha un suo particolare fascino la trascriviamo integralmente nella versione fornita dal Neppi Modena che fa una suggestiva, pittorica descrizione dello scenario naturale in cui si svolse… "…dove ora è questo ameno tappeto di smeraldi adorno, ergevasi, secoli e secoli or sono, un grande convento. I monaci dominavano così, completamente, il passo di Prunetta. Ed ecco che l'incauto viandante, varcato il Poggio Bello sulla cui vetta si sarà soffermato ad ammirare la pianura sottostante illuminata dai raggi rosati del mattino, o da quelli infuocati del meriggio, o dai riflessi del tramonto, con Pistoia ai piedi del colle e nella nebbiosa lontananza Firenze, doveva passare dinanzi al convento; ma qui giunto l'infelice veniva ghermito, depredato d'ogni suo avere, ucciso, e, particolare orribile ma la leggenda tiene a questo suo tratto caratteristico, mangiato nel lieto simposio dei conventuali. Un giorno i pastori, i boscaioli che abitavano nelle capanne di Prunetta, ai piedi del convento, si sollevarono indignati, riunitisi a gran numero dei montanari dei poggi circostanti, salirono al passo, dettero fuoco al monastero, lo abbatterono, lo rasero al suolo e con le pietre asportate costruirono le case di Prunetta. Al posto del truce edificio ricrebbe l'erba, spuntarono i vaghi fieri montani e solo quel resto di muraglia rimase a perenne ricordo e testimonianza". Una cronaca dei primi del '900 ci descrive una situazione protrattasi sino alla metà del secolo: "Dello spedale rimangono appena alcune tracce che però minacciano di scomparire per la costruzione del campo sportivo i cui lavori sono stati da poco iniziati. Si vedevano fino a poco fa due file informi di macerie dovute alle pareti della chiesa rovinate. Altre rovine facevano intravedere il luogo dove sorgeva lo spedale. Pochi giorni fa negli scavi è venuto alla luce, insieme a molti scheletri, il giro dell'abside della chiesa e un muro massiccio che doveva essere la base del campanile". Oggi di questa mansione dalla lunga e gloriosa storia non esiste più niente. Durante i lavori di sterro per la costruzione degli attuali spogliatoi, furono rinvenuti alcuni sacelli in pietra contenenti scheletri, definiti da testimoni oculari, di dimensioni straordinarie. Nulla è stato invece rinvenuto del favoloso, quanto fantomatico tesoro appartenuto ai templari che ancora oggi la credenza popolare, vuole ben nascosto dove "fiorisce il pruno bianco" in un cunicolo sotterraneo celato ad ogni sguardo dallo strato d'erba più alto e più verde. Elena Cecchini
Le tracce della presenza templare Del passaggio dei Templari a Prunetta non rimane quasi niente a livello di testimonianze dirette, se non alcune pietre scolpite che oggi si trovano sulle case del paese e che probabilmente, al momento della realizzazione dei primo nucleo abitativo del paese, furono rimosse dai resti dell'antico "Spedale di Croce Brandegliana". Nonostante ciò, sono in molti a sostenere che la presenza dell'ordine abbia lasciato profonda testimonianza di sé, nelle leggende, nell'assetto urbanistico dei luoghi, nella toponomastica, nella cultura di coloro che sulla nostra montagna hanno vissuto durante i secoli. In particolare dopo il settecento si verificano una serie di coincidenze curiose che non possono non stuzzicare la fantasia. Ne elenchiamo soltanto alcune: La ricorrente presenza di S. Bernardo di Chiaravalle: E' il 1707 (quattrocentesimo anniversario dell'inizio delle persecuzioni dei Templari da parte di Filippo il Bello), quando a Piteglio viene eretto un Oratorio dedicato a S. Bernardo; qualche anno più tardi, a metà ottocento, Antonini, proprietario dei fondi oggi noti con il nome Macchia Antonini, indica nelle proprie volontà testamentarie che la "Festa alla Macchia" debba tenersi il 20 di Agosto. Curiosamente quel giorno è dedicato a S. Bernardo di Chiaravalle.
Le testimonianze nell'architettura e nei simboli:
Lo stesso mausoleo della famiglia Antonini che oggi si trova presso l'omonima Macchia è una costruzione a pianta ottagonale, unica per i nostri luoghi e vagamente allusiva alle costruzioni poligonali della cui edificazione i Templari sono stati maestri. Ma le coincidenze non finiscono qui: la lapide tombale che custodisce le spoglie dello stesso Antonini recano due tibie incrociate, ed è noto che i Templari venivano sepolti con le gambe incrociate.
La toponomastica: I nomi dei luoghi, sia a Prunetta sia nelle immediate adiacenze, richiama spesso alla memoria quell'idea dell'oro che, nella cultura medievale è la metafora dell'accesso ad un sapere superiore; esistono così: le Chiavi d'oro, le Scalette d'oro… E' anche possibile che lo stesso nome di Prunetta abbia una derivazione templare. E' infatti risaputo che l'Ordine ha contribuito in modo decisivo, nel corso del Medioevo, al risanamento di zone paludose, malsane o infestate da una vegetazione arborea selvaggia. Sono ricorrenti dunque, nei toponimi templari, i richiami alla natura dei luoghi stessi. Prunetta potrebbe essere la stortura di "Pruno" che nel gergo locale significa spina. Esistono tantissimi altri richiami che suscitano domande pressanti. Ovviamente questa sintetica panoramica, che non è e non può essere in sé esaustiva, non ha la pretesa di verità scientifica (sull'argomento sono in corso studi più approfonditi), ma si pone come obiettivo il suscitare l'attenzione di chi legge per offrire ai visitatori di Prunetta gli elementi per una fruizione piena dei nostri luoghi.
Fonte : Elena Cecchini
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